di FRANCESCO CIRILLO GALLUCCI –
L’idea di misurare il benessere equo e sostenibile si inquadra nel più ampio progetto internazionale sul cosiddetto “superamento del Pil”, sostenuto dal principio che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico, ma anche sociale e ambientale. E’ questo il lavoro portato avanti dal Cnel e dall’Istat sin dal dicembre del 2010 e culminato con la presentazione del primo rapporto Bes. Per monitorare lo stato di salute del Paese sono stati presi in esame 12 campi(Ambiente; Salute; Benessere economico; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Relazioni sociali; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ricerca e innovazione; Qualità dei servizi; Politica e istituzioni) e 134 “termometri”. L’obiettivo è quello di arrivare a una sorta di “costituzione statistica”, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso. Questa, sostanzialmente, la fotografia scattata:
In Italia, rileva il rapporto, tra il 2010 e il 2011, l’indicatore della “grave deprivazione” sale dal 6,9% all’11,1%, ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Nel 2011, dopo la sostanziale stabilità che aveva caratterizzato gli anni precedenti, l’indicatore è aumentato in maniera sensibile (+4,2 punti percentuali). In particolare è cresciuta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste (dal 33,3% al 38,5%), di non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), un pasto adeguato ogni due giorni se lo volessero (dal 6,7% al 12,3%) e che riferiscono di non poter riscaldare sufficientemente l’abitazione (dall’11,2% al 17,9%). Il rischio di povertà, nel 2010 ha raggiunto il 19,6%.
Il potere d’acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, durante la crisi è precipitato, scendendo del 5% tra il 2007 e il 2011. Il rapporto evidenzia che i cittadini hanno cercato di mantenere il proprio standard di vita attingendo ai risparmi accumulati o risparmiando meno. Nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. La percentuale dei giovani tra i 15 e i 29 anni che né studiano né lavorano, tra il 2009 e il 2011, è balzata dal 19,5% al 22,7%. Solo il 20,3% dei 30-34enni risulta aver conseguito la laurea. Si tratta del livello più basso tra tutti i Paesi dell’Unione europea. 2,5 i milioni di lavoratori irregolari.Crollo sul fronte della fiducia dei cittadini verso le istituzioni, i partiti politici, il Parlamento, le amministrazioni locali e nei confronti della giustizia.
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Cresce il verde urbano, ma cresce anche l’inquinamento e il dissesto idrogeologico rappresenta ancora il rischio più grave su tutto il territorio nazionale.