di GIORGIA FIENI – La figura del contadino, oggi, non è la stessa di mezzo secolo fa.
Un tempo l’agricoltore coltivava la terra tutto il giorno, a schiena china, dandosi da fare per coprire il seminato in caso di maltempo. Stipava il raccolto nei silos e poi vendeva al mercato il meglio della sua produzione, sostentandosi con quanto restava. Con gli altri “colleghi” vigeva anche la regola non scritta dello scambio. Alcuni di essi diventavano allevatori se avevano pure una stalla con vacche e/o maiali: tutto il giorno in mezzo alle bestie, tenendole al coperto in caso di maltempo, pulendole e portandole al macello nel momento in cui erano pronte a rendere in carne (oltre che in latte).
Oggi invece abbiamo a che fare coi farmer. Quelli che avevano i genitori contadini e hanno compiuto la “sovversiva” scelta di rimanere anziché andarsene per diventare laureati o programmatori di computer. Quelli che potevano fare un altro mestiere ma si sono tanto appassionati a Farmville che si sono detti: “Ma perché condizionare la mia esistenza per un gioco virtuale? Dal momento che queste attività mi piacciono, realizziamole anche nella vita vera!”. Quelli che non ne potevano più di un lavoro che non li soddisfaceva e avevano voglia di stimoli più semplici e naturali. Essi interpretano quindi il mestiere in modo completamente diverso. Partono dal piccolo, ovvero dall’orto sul balcone e da qualche animale in cortile, e pensano non al guadagno ma al rispetto. Soluzioni ecologiche di agricoltura e di allevamento (utilizzo di acqua reflua depurata – o pioggia – e di scarti di lavorazione, per esempio). Estrema attenzione per le norme igienico-sanitarie. Utilizzo intelligente della tecnologia. Studio e osservazione. E, per finire, vendita diretta: non solo andando personalmente al mercato, ma creando negozi propri e ospitando i clienti nell’agriturismo, in modo da far loro conoscere tutto il processo di produzione, o in un’osteria con vista sui campi, dove i farmer diventano sommelier ed esperti di cibo biologico e sano.
Anche in agricoltura, come in cucina, si assiste dunque ad un ritorno al passato. Ma consapevole. Capace di guardare indietro ma solo per raccogliere le informazioni che servono per costruire il futuro.