di GIORGIA FIENI – La lista sarebbe davvero lunga. Ci sono cibi che mangiamo per compulsione: arriviamo a casa dal lavoro e mettiamo in bocca la prima cosa che vediamo solo per appagarci. Ci sono cibi che mangiamo per golosità: pizza, patatine, cioccolato, gelato, caramelle, bevande gassate. Ci sono cibi che mangiamo per inventarci un mestiere: tipicità che prepariamo in un ristorante o in un locale o su una bancarella.
Valutandoli tutti, vediamo che si crea un percorso che dall’interiorità va verso l’esterno: la compulsione è solo nostra, il vendere è il modo più semplice per appagare gli altri. Facciamo conoscere qualcosa di intimo, che ci appartiene: non c’è niente di più personale del comfort food, e dividerlo con qualcuno significa aprirgli una porta sulla nostra anima…su ciò che ci consola.
Se ci pensate, anche il fenomeno del #foodporn su Instagram nasce con le stesse premesse. Abbiamo davanti una ricetta, cucinata o acquistata, e decidiamo che tenerla solo per noi non è sufficiente: dobbiamo fare in modo che anche i nostri amici virtuali siano tutti lì con noi a condividere la stessa esperienza. Condividere, non invidiare. E non è un processo che ha inventato la tecnologia: molte persone, nei secoli passati, hanno ritenuto opportuno riprodurre quello che a loro piaceva mangiare…sulle tele, sui soffitti, sulla pergamena, sulla pietra…ovunque trovassero un pubblico.
Perché non mangiamo solo con la bocca. Ci piace mangiare anche con gli occhi, e scegliere quei cibi e quelle fotografie capaci di scatenare l’acquolina. Se non li troviamo in natura, inventarli. Già nel 1873 Alexandre Dumas (nel Grande Dizionario di Cucina) ha spiegato molto chiaro come ottenere il blu dall’indaco diluito, l’arancio dallo zafferano e la cocciniglia, il verde dal succo diluito e zuccherato degli spinaci e tutti gli altri colori dell’arcobaleno. Perciò amiamo preparare, o comprare, torte dalle tinte vivaci e che aprendole nascondono una vista diversa, gelati dalle forme più disparate, buste di prodotti da reidratare e cuocere: l’occhio mangia per primo, e spesso è molto più affamato dello stomaco. Quindi è facile capire perché mercati e supermercati abbondino anche di luci e musiche…tutto aiuta a mettere l’acquirente nella condizione di acquistare molto di più di ciò di cui ha veramente bisogno. Abbiamo a disposizione ogni cibo che ci piace. In ogni momento. Ma allo stesso tempo ci viene detto che “dobbiamo essere magri”, per una questione di salute ed estetica. Quindi il piacere diventa subito senso di colpa…che dobbiamo ovviamente condividere.