Ad aprile nuova stangata sui prezzi. Come rileva l’Istat, il rallentamento dell’inflazione che si era registrato nei mesi scorsi si ferma e riparte la corsa dei rincari, a causa del rialzo dei prezzi dell’energia non regolamentati, il cui andamento riflette un aumento su base mensile del 2,3% (lo scorso anno era -3,9%).
Si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, il cosiddetto NIC, che si calcola al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,4% su base mensile e dell’8,2% su base annua, da +7,6% nel mese precedente; la stima preliminare era +8,3%.
Ad aprile la variazione tendenziale dell’indice generale dei prezzi al consumo torna a salire (da +7,6% di marzo a +8,2%), principalmente per l’accelerazione dei prezzi delle divisioni di spesa che includono i prodotti energetici, ossia di abitazione, acqua, elettricità e combustibili (da +15,1% a +16,9%) e dei trasporti (da +2,6% a +5,1%), a cui si aggiunge un’accelerazione più contenuta dei prezzi di ricreazione, spettacoli e cultura (da +3,9% a +4,9%), dei servizi ricettivi e di ristorazione (da +8,0% a +8,4%) e degli altri beni e servizi (da +3,8% a +4,4%).
Queste dinamiche sono state solo in parte compensate dalla decelerazione dei prezzi dei prodotti alimentari e bevande analcoliche (da +13,2% a +12,1%), di mobili, articoli e servizi per la casa (da +7,8% a +7,4%) e delle comunicazioni (da +0,9% a +0,4%).
Scomponendo il tasso tendenziale dei prezzi al consumo nella somma dei contributi delle sue sottocomponenti, l’inflazione risulta spiegata soprattutto dai prezzi di casa, acqua, elettricità e combustibili (+2,509 punti percentuali), dei prodotti alimentari e bevande analcoliche (+2,189) e, in misura minore, di servizi ricettivi e di ristorazione (+0,861) e di Trasporti (+0,755). Non si registrano contributi negativi.
L’accelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, all’aumento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,6%) e, in misura minore, a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,3% a +6,9%) e dei servizi vari (da +2,5% a +2,9%).
Come chiarisce l’Istat, questi effetti sono stati solo in parte compensati dalla flessione più marcata dei prezzi degli energetici regolamentati (da -20,3% a -26,7%) e dal rallentamento di quelli degli alimentari lavorati (da +15,3% a +14%), degli alimentari non lavorati (da +9,1% a +8,4%), della casa (da +3,5% a +3,2%) e dei trasporti (da +6,3% a +6%). L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,3% a +6,2%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,4% a +6,3%.
Nel settore alimentare, i prezzi dei prodotti lavorati, come anche quelli dei beni non lavorati, evidenziano un’attenuazione della loro crescita in ragione d’anno, che contribuisce al rallentamento dell’inflazione di fondo (che si attesta a +6,2%). Si accentua, infine, la decelerazione su base tendenziale dei prezzi del “carrello della spesa”, che è scesa a +11,6%.
L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve principalmente ai prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,4%), degli Energetici non regolamentati (+2,3%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,0%), degli Alimentari lavorati, dei Beni non durevoli e dei Servizi vari (tutti e tre a +0,5%); tali effetti sono stati solo in parte compensati dal calo dei prezzi degli Energetici regolamentati (-19,6%).
L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,3% per l’indice generale e a +4,5% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,9% su base mensile, aumento più accentuato rispetto a quello del NIC, a causa della fine dei saldi stagionali (di cui il NIC non tiene conto) prolungatisi in parte anche a marzo. L’IPCA aumenta dell’8,7% su base annua (in accelerazione da +8,1% di marzo); la stima preliminare era +8,8%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 7,9% su base annua.
I prezzi corrono un po’ ovunque. L’inflazione è più alta di quella nazionale nelle Isole (da +8,4% di marzo a +8,8%) e nel Nord- Ovest (da +7,8% a +8,4%,), mentre risulta inferiore nel Centro (da +7,8% a +8,1%), al Sud (da +7,2% a +8,1%) e nel Nord-Est (da +7,3% a +7,7%).
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluogo di regione con più di 150mila abitanti, l’inflazione più elevata si osserva a Genova (+9,7%), Palermo (+9,3%) e Messina (+9,1%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Catanzaro (+6,8%) e a Potenza (+5,8%).
Con uno sguardo più generale, guardando invece all’inflazione tendenziale, cioè agli aumenti dei prezzi rispetto ad aprile di un anno fa, in testa alla classifica delle città più care c’è sempre Milano, dove l’inflazione tendenziale pari a +9%, il che si traduce in una maggior spesa per le famiglie pari a 2.443 euro in più a nucleo mediamente.
(Fonte: Quifinanza.it)