Siamo giunti ad un anniversario che non avremmo mai voluto arrivasse. Un anno di guerra insensata causata da un autocrate in preda a una folle ostinazione, Vladimir Putin, che disprezza l’Occidente, la sua cultura e tutto quello che rappresenta nel mondo. Dopo più di 30 anni, Putin continua a nutrire rancore e disprezzo contro l’Occidente a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, e come conseguenza la perdita del suo ruolo di super potenza. Da quel momento il suo unico obiettivo è stato quello di ricreare un impero. Sfortunatamente i tempi di Pietro il Grande, a cui piace paragonarsi, sono per sempre passati. Nella sua ostinazione Putin cerca un modo per iniziare a realizzare il suo sogno impossibile, e quindi l’invasione dell’Ucraina. La sua strategia l’ha basata su premesse mai esistite, ma inventate per cercare di giustificare l’ingiustificabile. L’Ucraina non ha mai rappresentato una minaccia per la Russia, ma per iniziare a realizzare quello che lui considera essere il destino di madre Russia, aveva bisogno di creare un pretesto, pur falso che sia. In realtà il vero inizio è stato l’annessione illegale della Crimea nel 2014 e l’inizio della guerra nel Donbas. Gli accordi di Minsk interruppero ufficialmente le ostilità pur continuando sporadicamente sul terreno da ambedue le parti. Certo, il lancio dell’operazione speciale doveva svolgersi in modo diverso. Nei suoi piani tutto doveva essere compiuto in pochi giorni, al massimo poche settimane. Ora invece un anno si è appena compiuto. La follia e il rancore di Putin contro l’Occidente stanno causando migliaia di morti su entrambi i fronti, distruzione di un intero paese senza parlare poi delle sofferenze inumane imposte a un popolo ucraino che lotta per la sua sopravvivenza.

Nel suo intento Putin ha commesso due errori di valutazione, le cui conseguenze rischiano di ripercuotersi nel tempo. Il primo è stato di credere che ci sarebbe stata pochissima resistenza da parte degli ucraini. Anzi, era convinto che i soldati russi sarebbero stati accolti dalla popolazione come dei liberatori. Non si sa bene da che cosa dovevano essere liberati. Il secondo è stato di sottovalutare la reazione dell’Occidente. Questa sua valutazione era basata sul comportamento occidentale quando nel 2014 decise di annettere la Crimea. Certo, ci furono proteste e sanzioni, con rifiuto di riconoscere l’atto compiuto, ma niente di più efficace e decisivo. Su queste basi, Putin era convinto che i paesi della NATO sarebbero stati incapaci di opporgli un fronte unito, lasciandolo quindi libero nella sua impresa. In un sistema come quello istaurato da Putin in Russia, dove lui controlla tutti e tutto, dove tutti diffidono di tutti con il solo desiderio di raccogliere i favori del “sovrano”, è difficile sapere se gli errori di valutazione sono derivati dallo zelo di riferirgli solo quello che si aspettava di sentirsi dire, o perché i sevizi d’intelligence si sono dimostrati completamente incompetenti e inefficaci. Quale che sia la causa, il risultato è lo stesso: un enorme e criminale spreco di vite e immense sofferenze per tutto un popolo a causa della follia di un solo uomo.

La determinazione alla resistenza del popolo ucraino, ispirato da un presidente Zelensky che si è trasformato da attore in un moderno Churchill, e l’aiuto compatto dei paesi della NATO non solo hanno permesso all’Ucraina di opporre una feroce resistenza all’invasione russa, ma è riuscita a infliggere cocenti sconfitte a un esercito russo disorganizzato e privo di vera motivazione a combattere. Questa situazione alquanto umiliante per Putin, invece di persuaderlo a riconsiderare la futilità delle sue azioni, l’ha indotto a buttarsi sconsideratamente in un conflitto che lui non può e non vuole perdere a costo di conseguenze inimmaginabili. Questa situazione avrebbe anche dovuto convincerlo che le sue strategie bellicose, invece d’indebolire la NATO come lui sperava, ha avuto l’effetto opposto. La NATO non è mai stata così unita e decisa nelle sue azioni. Anche questo però Putin sembra volerlo ignorare, forse sperando che prima o poi l’Occidente si stancherà, perché debole e decadente.

L’anno appena iniziato vede la situazione sul campo di battaglia in una sorta di stallo. Tutto sembra indicare che la Russia si stia preparando a sferrare un’offensiva maggiore con lo scopo non solo di riconquistare il terreno perso, ma di occupare definitivamente tutto il Donbas, e di stroncare finalmente la resistenza ucraina. Per questo Putin non ha nessuno scrupolo a colpire qualsiasi struttura capace di incidere negativamente sulla popolazione civile. Nelle tradizioni di guerre russe, per compensare inefficienze in strategie o armamenti, vengono buttate nella mischia un numero sproporzionato di truppe, incuranti delle ingenti perdite sicuramente anticipate pur di sopraffare il nemico. Per Putin e madre Russia la vita umana ha ben poco peso! Le fonti d’intelligence lasciano pensare che Putin conti su questa strategia per capovolgere la situazione a suo favore.

Siamo in un momento critico di questa guerra che non dice il suo nome. Il presidente Zelensky chiede sempre più armi alla NATO per fronteggiare questa nuova minaccia, che con una certa prudenza, e forse riluttanza, aumenta sempre più la qualità e la quantità dei suoi armamenti. Se riluttanza ci dovesse essere, delle ragioni esistono. Per il momento esita ancora a fornire aerei che potrebbero cambiare il proprio sostegno all’Ucraina da armi difensive a offensive. La NATO non può dimenticare che la Russia è una potenza nucleare e un Putin con le spalle al muro potrebbe ricorrere ad un’arma tattica fatale. Nessuno osa immaginare le conseguenze per il mondo di un simile atto. Due cose sembrano però certe. La prima è che questo conflitto non può durare. La seconda è che la Russia non può vincere perché questo potrebbe allora spingere Putin a mirare ancora più in alto. Per esempio i paesi baltici, la Moldavia, la Biellorussia, la Georgia e altri. Il dilemma che si pone l’Occidente è come mettere fine al conflitto e allo stesso tempo salvare la faccia al “sovrano” del Cremlino, pur sapendo di aver perso. Per il momento nessuno sembra avere la risposta. Una cosa però sembra inevitabile: ritrovarsi intorno ad un tavolo di negoziato perché una sconfitta totale da una parte o dall’altra potrebbe portare inesorabilmente verso la terza guerra mondiale. Un’eventualità che nessuno vuole né osa immaginare!

(F.P.)

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