Se si cerca su Google la definizione di “instabilità politica” ci si imbatte facilmente in studi e articoli che citano come esempio l’Italia. Per descrivere la situazione del Regno Unito, che lo scorso anno ha assistito al rapido avvicendarsi di ben tre premier, l’Economist ha persino coniato il termine “Britaly”, come se quella del nostro Paese sia una malattia che ha contagiato i partiti al di là della Manica. Se proprio vogliamo dare credito all’analisi del prestigioso settimanale britannico, allora oggi si potrebbe dire che la malattia italica è forse meno evidente a Roma che nel resto d’Europa, tanto più nei principali Paesi dell’Ue. Le elezioni anticipate convocate in Spagna e Olanda, il governo di minoranza in Francia e i continui litigi nella maggioranza in Germania sono i segnali di una progressiva instabilità del panorama politico europeo che, per il momento, sembra affliggere meno il presunto untore, ossia Roma.

A dirla tutta, il governo di Giorgia Meloni viene sempre più visto come una potenziale cura ai mali che stanno colpendo democrazie che per tanti anni hanno viaggiato su binari tutto sommato tranquilli. Il progetto di un centrodestra che unisca moderati e conservatori sta guadagnando sostegno in giro per il continente, e soprattutto di unisce alla paura dei centristi di perdere il contatto con quella fetta di elettorato europeo sempre più indebolita a livello economica, e impaurita da migranti e misure ecologiste. Una sorta di laboratorio è quello che succedendo al Parlamento europeo, dove questa settimana il leader del Ppe, il principale partito Ue di centrodestra, ha provato a mostrare i muscoli e a spaccare la maggioranza che governa a Bruxelles e a Strasburgo, ossia quella composta dagli stessi popolari del Ppe insieme a socialisti e liberali. Da tempo, Weber sostiene un avvicinamento con i conservatori di Meloni, e per dimostrare che un’alleanza del genere è possibile non solo in Italia, ma anche in Europa, ha deciso di prendere di mira una delle leggi fondamentali del Green deal, quella sul ripristino della natura.

Le cose non sono andate bene per lui: un pezzo dei popolari e buona parte dei liberali, la famiglia politica di Emmanuel Macron, hanno fatto asse con socialisti, sinistra e verdi, e salvato la legge. Il margine è stato minimo, e il compromesso raggiunto per far passare il testo ha ridotto le ambizioni green della legge. Ma il voto aveva ormai assunto una connotazione per lo più politica, e il segnale lanciato a Weber è che la strada verso la destra conservatrice non è in discesa. Almeno nell’attuale Parlamento Ue. Altrove, invece, i segnali vanno in senso opposto, e si intrecciano con l’instabilità politica di cui parlavamo all’inizio.

Tra qualche giorno, per esempio, si voterà in Spagna dopo che il premier Pedro Sanchez ha convocato le elezioni anticipate: qui i popolari del Pp hanno fatto intendere che vogliono ottenere il governo a tutti i costi, anche aprendo a Vox, partito dell’orbita conservatrice di Meloni. I sondaggi dicono che, uniti, i due partiti potrebbero raggiungere una maggioranza (quasi) stabile. Una dinamica simile la si sta osservando in Olanda, dove il premier Mark Rutte si è dimesso dopo 12 anni al potere: all’Aja, finora, ha governato un’alleanza tra due partiti liberali e due popolari. Ma negli ultimi tempi, l’esecutivo è stato pressoché paralizzato dalle lotte interne intorno alle politiche sui migranti e alla stretta green sugli allevamenti intensivi.

La stretta, annunciata ma non ancora concretizzata, ha provocato la forte ribellione degli agricoltori, i quali hanno trovato nel neonato partito Bbb il loro punto di riferimento. Con gli agricoltori, anche una buona fetta dell’elettorato olandese è stato attratto dal Bbb, il quale è attualmente in testa ai sondaggi. La leader del partito, Caroline van der Plas, non ha ancora deciso con chi si alleerà se dovesse vincere le elezioni. Ma il giovane movimento è di ispirazione conservatrice, e i liberali di Vvd, il partito di Rutte, ma anche i popolari del Cda hanno mostrato l’intenzione di voler lisciare il pelo alla destra: a unirli c’è la volontà di imprimere un pugno duro sui migranti (che è poi il motivo per cui ufficialmente è caduto il governo).

Se quanto sta succedendo in Spagna e Paesi Bassi sembra incontrare i sogni di Weber (e forse di Meloni), i casi di Francia e Germania sono per il momento ben diversi. Ma non è detto che non possano essere funzionali alle mire di un’alleanza allargata ai conservatori al prossimo Parlamento Ue. A Parigi, il presidente liberale Emmanuel Macron, come si è visto con la riforma delle pensioni, ha bisogno di rafforzare la sua maggioranza trovando sponda nella galassia di destra, tenendo però a debita distanza Marine Le Pen, leader dei sovranisti europei (la formazione di cui fa parte anche la Lega).

A Berlino, il trio di governo composto da socialisti, liberali e verdi fatica a portare avanti i progetti di legge senza inciampare in scontri interni. Questo sta favorendo sia i popolari della Cdu/Csu, il partito dell’ex cancelliera Angela Merkel dato in testa agli ultimi sondaggi, ma soprattutto i sovranisti dell’Afd (altro alleato di Le Pen e Salvini), divenuti la seconda forza nel Paese (sempre stando alle ultime rilevazioni). Weber, che fa parte dei popolari tedeschi, potrebbe convincere i suoi che per frenare l’avanzata dei sovranisti in Germania, bisogna non solo cambiare registro sulle politiche ambientali e sul Green deal portato avanti dall’altra popolare tedesca di peso a Bruxelles, Ursula von der Leyen, ma occorre anche fare asse con i conservatori (e i liberali) nel resto d’Europa. Il tutto per evitare che l’instabilità politica a Berlino non diventi una malattia cronica.

(Fonte: Today.it)

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