Tempi duri, la diffusione del virus covid-19 ha letteralmente pietrificato il mondo in questo primo quadrimestre del 2020. Anche lo sport, e nella fattispecie il motomondiale, per quanto possa cadere in secondo piano in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, è stato inevitabilmente sospeso. Dopo la prima gara annullata per la classe regina in Qatar, si parlava di ripendere a correre in maggio nelle prime competizioni europee previste dal calendario, e invece il peggiorarsi della situazione in tutto il pianeta ha portato addirittura alla cancellazione di alcune date (Germania, Olanda e Finlandia) e al rinvio di altri appuntamenti in pista, come ad esempio il Gran Premio d’Italia al Mugello. Ad oggi il prossimo impegno in scaletta è il GP di Brno in Repubblica Ceca fissato per il 9 agosto, ma non si esclude di ripartire verso la fine luglio con una delle date che sono state procrastinate. Carmelo Ezpeleta, il capo della Dorna (la società spagnola che organizza di motomondiale), prevede che nella peggiore delle ipotesi si disputeranno solo 10-12 GP sui 20 previsti inizialmente e si correrà fino a novembre. L’idea è anche quella di riprendere le gare senza spettatori e con un numero limitato di personale nel paddock per ridurre al massimo i contatti sociali dietro le quinte. I piloti naturalmente scalpitano per tornare in pista, seppure siano ovviamente consapevoli di questa situazione grave e surreale che non va assolutamente presa sottogamba. Alcuni dei rider più famosi dello schieramento si stanno sfidando in corse virtuali a distanza per non perdere lo smalto della competizione, ma non è certo la stessa cosa. Una cosa invece è senza dubbio certa: finché non ci sarà il via libera per spostarsi, allenarsi e riprendere a correre, l’imperativo categorico sarà sempre uno, lo stesso per tutti, sportivi e non: restare a casa per contrastare il più possibile la propagazione del contagio.
Stefano Massari