Dopo quasi un anno di situazione bellica, Stati Uniti ed Europa studiano come rendere più efficace il sostegno a Kiev. Mosca vuole rivedere l’Armata per accrescerne le capacità e prolungare la sfida. Grandi manovre con implicazioni di medio e lungo termine.
Gli aiuti
La notizia nuova arriva dalle pagine del New York Times. Gli Stati Uniti, negli ultimi mesi, hanno attinto dai loro depositi di munizioni presenti in Israele e Sud Corea. In particolare i proiettili d’artiglieria pesante inviati con un ponte aereo in Ucraina. Mossa dettata dal massiccio uso dei cannoni, con una cadenza di 90 mila colpi al mese. Cifra che — precisa il quotidiano — supera di gran lunga la produzione americana e europea.
Gerusalemme e Seul si sono sempre rifiutate di fornire materiale bellico alla resistenza. Sono due Paesi al centro di teatri critici.
Washington si è impegnata a riempire i vuoti. Il tema delle scorte incombe, ci si chiede se gli ucraini ne avranno a sufficienza.
Di questo e di altri aiuti si parlerà domani a Ramstein, in Germania, con il vertice dei donatori. Alla vigilia esponenti statunitensi ed europei hanno fatto a gara nell’assicurare il massimo impegno, vedremo se alla fine sarà deciso un invio di tank, imitando Gran Bretagna e Francia.
Altro settore prioritario quello dei sistemi anti-aerei per contrastare i raid missilistici degli invasori. Dopo Usa e Germania anche l’Olanda ha promesso una batteria di Patriot.
Indiscrezioni segnalano che è imminente un «pacchetto» statunitense, pare molto consistente. Al momento non si conosco i dettagli.
Incontri
Il capo di Stato Maggiore statunitense Mark Milley ha incontrato per la prima volta il suo omologo ucraino, Valerii Zaluzhnyi, in una località segreta nel sud della Polonia. Consulto legato alle prossime iniziative sul campo, alle necessità di Kiev, agli aspetti tattici, al coordinamento necessario per rendere più fluida un’assistenza che comporta difficoltà immense: mezzi d’origine diversa, training non omogeneo, richiesta continua di equipaggiamenti per sostituire quelli perduti in battaglia — i numeri sono altissimi — ed ottenerne di più moderni. Oltre alla questione «carri» c’è sempre la domanda ucraina relativa ai missili a lungo raggio: li vogliono in modo da poter «battere» ancora più in profondità le retrovie degli occupanti, concentramenti di truppe, basi. Un punto sul quale la Casa Bianca continua a frenare. Sul resto i segnali Nato sono concreti — sia pure con molte differenze su qualità e quantità — e formali. Interessante la tabella diffusa dal Pentagono (foto sopra) per documentare la massa di materiale trasferita quest’anno con aerei, navi, treni. E a proposito di ferrovia, quella ucraina — sempre efficace nonostante sia sotto attacco — ha annunciato la riapertura di una linea con la Romania, sbocco essenziale per merci e persone.
La riorganizzazione
La Russia vara una grande riorganizzazione delle forze armate da attuare nel periodo 2023-2026, l’obiettivo di lungo termine è di arrivare ad oltre un milione e mezzo di soldati. La riforma deve investire ogni settore, prevede la costituzione di nuovi comandi e distretti militari (Mosca, Leningrado), la creazione di unità importanti da schierare al confine con la Finlandia e altre in Ucraina, la composizione di 12 divisioni, la maggiore attenzione alla preparazione e al reclutamento Il messaggio — secondo gli analisti di Institute for the Study of War — è chiaro: il Cremlino ritiene che il conflitto durerà a lungo e vuole avere le risorse a disposizione, inoltre la «riforma» annunciata dal ministro della Difesa Sergei Shoigu va oltre questa crisi. Vladimir Putin ha un doppio orizzonte. Il primo è contingente: una qualche vittoria in tempi ravvicinati. Ecco perché ha sacrificato centinaia di soldati e mercenari nell’assalto a Soledar e Bakhmut. Località importanti — sottolinea l’ex generale australiano Miki Ryan — ma non decisive per l’assetto. Prospettiva diversa da quella di Zelensky che cercherà, quest’anno, di proseguire nella riconquista. Sono sempre però scenari generali, suscettibili di mutamenti. Il secondo orizzonte del neo-zar è andare avanti nel rilancio della super potenza e per ottenerlo deve decisamente imporre un cambio di passo. Nel frattempo potrebbe ordinare una nuova chiamata di riservisti. Oggi lo stesso Putin ha ribadito che «la vittoria è inevitabile», frase scontata quanto si vuole ma inserita nella cornice di mobilitazione, dall’industria bellica al singolo plotone.
(Fonte: Corriere.it)