E’ ancora presto per dire se siamo alla vigilia di una ondata o ondina invernale, che potrebbe essere spinta nei prossimi giorni dal previsto abbassamento delle temperature, fino a qui primaverili.

Intanto i contagi sono in aumento del 26% con 34.314 casi in sette giorni contro i 26.855 della settimana precedente. Aumento confermato da quello dell’incidenza settimanale dei casi ogni 100mila abitanti che da quota 46 passa a 58. In risalita da 0,83 a 0,93 anche l’Rt, l’indice di contagio, che si mantiene tuttavia ancora sotto il livello epidemico di uno.

Pur limitate crescono anche le ospedalizzazioni. Il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti di medicina sale infatti dal 5,9 al 6,7%, mentre quelle delle terapie intensive dall’1,2 passa all’1,4%. Complessivamente sono 4.167 i ricoverati nei reparti di medicina e 122 quelli nelle terapie intensive.

Con il 51% dei casi è Eris la variante Covid in questo momento più diffusa in Italia. Provoca due o tre giorni di febbre alta e dolori diffusi per il corpo in alcuni pazienti. La differenza con l’influenza è che può provocare conseguenze sul lungo periodo. L’indicazione dei medici e dei virologi è ovviamente quella di procedere con le vaccinazioni sia contro il Covid che contro l’influenza per i soggetti fragili. Anche se secondo alcuni studi Eris sarebbe una variante molto forte, capace di sfuggire alle difese anticorpali generate sia da precedenti infezioni che dai vaccini.

Per Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, è davvero molto simile all’influenza e quindi va curata allo stesso modo con paracetamolo, ibuprofene, ketoprofene e aspirina. Mentre per Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit) e professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma, i contagi da Eris sono molto variabili.

Può non dare sintomi, come può portare febbre alta e «c’è chi torna a perdere l’olfatto e il gusto cosa che non vedevamo con le varianti precedenti» Se dovesse colpire soggetti fragili o gli anziani il consiglio del professore è l’uso, entro 5 giorni, degli antivirali come Paxlovid e Remdesivir. Certo, la similitudine con l’influenza c’è.

Per distinguerle Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus Bio-medico di Roma, raccomanda di fare il tampone. Non subito però, ma due o tre giorni dopo la comparsa del primo malessere, facendo il molecolare se si vuole fare il tampone una volta sola o l’antigenico se si è disposti a ripeterlo dopo 48 ore.

(Fonte: Lastampa.it)

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